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Andrologo Medico nei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita

Pubblicato da Dr.ssa Federica Mazzoleni
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Andrologo di riferimento di PMA

La terapia andrologica in preparazione alla procreazione assistita:
Il termine si riferisce a un insieme di tecniche di concepimento utilizzate per ottenere problemi di fertilità maschile e / o femminile per le coppie.

Nel centro “Casa di Cura Le Betulle

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La presenza della figura dell’Andrologo Medico nei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita è stata resa obbligatoria a partire dal 2004, quando la Legge n. 40 ha sancito quanto segue: “Per le patologie maschili la certificazione dello stato di infertilità o sterilità è effettuata da un endocrinologo con competenze andrologiche, ovvero un urologo con competenze andrologiche”.

Tuttavia, la figura dell’andrologo non è solo necessaria per legge ma rappresenta una condizione fondamentale per la valutazione e il tratta- mento del maschio della coppia infertile al fine di migliorare le probabilità di successo delle tecniche di PMA.

L’andrologo medico infatti sulla base dell’anamnesi, dell’esame obiettivo e dell’esame seminale è in grado di stabilire la presenza di patologie e di fattori di rischio in grado di ridurre il potenziale di fertilità del soggetto.

Pur non sottovalutando la grande variabilità dei parametri seminali e della loro interpretazione in termini diagnostici e prognostici, un esame seminale eseguito in modo corretto unito alla valutazione clinica di un andrologo esperto sono in grado di stabilire se un paziente è potenzialmente fertile, lievemente o gravemente ipofertile oppure infertile.

Su questa base, lo spe- cialista sarà in grado di valutare se eseguire approfondimenti clinici ed eventuali terapie finalizzate a migliorare i parametri seminali o al recu- pero di spermatozoi intra-testicolari.

 

È noto che in circa il 35% delle coppie infertili si riconosce un fattore maschile, nel 35% dei casi un fattore femminile, nel 20% dei casi entrambi i fattori ed infine nel 15% delle coppie l’eziologia rimane scono – sciuta.

Pertanto, si stima che quasi la metà dei maschi che giungono all’ambulatorio per infertilità di coppia presenti una condizione di ipofertilità o di sterilità. La definizione di infertilità da fattore maschile di per sé non racchiude una sindrome clinica omogenea e ben definita, potendo sottintendere un’eziologia pre-testicolare (mancata o ridotta produzione spermatica da inadeguata secrezione gonadotropinica), testicolare (patologie primitive testicolari) o post-testicolare (da ostacolato trasporto spermatico lungo le vie escretrici, da disturbi eiaculatori, da fattore immunologico o da alterata funzionalità spermatica). Ogni patologia si riflette in una alterazione dei parametri seminali che può coin- volgere il numero e/o la qualità degli spermatozoi.

Al fine di porre una corretta diagnosi e terapia, oltre a stabilire la presenza e l’entità dell’alterazione seminologica, l’andrologo deve saper riconoscere le cause di infertilità tra le quali ricordiamo le infezioni del tratto riproduttivo, il varicocele, l’ipotrofia testicolare, i fattori genetici, i traumi e le torsioni testicolari, le cause iatrogene (chirurgia, chemioterapia, ra- dioterapia), le malattie sistemiche ed endocrine, il criptorchidismo, la sindrome di Klinefelter e il tumore del testicolo. Inoltre, lo specialista deve essere in grado di cogliere i fattori di rischio, alcuni dei quali han- no ancora evidenze limitate, in grado di alterare il nucleo degli sperma- tozoi anche in presenza di parametri seminali ancora normali come ad esempio l’esposizione a tossici ambientali ed occupazionali, il fumo di sigaretta, l’ipertermia scrotale e l’età.

Infine, poiché lo spermatozoo contribuisce con il suo DNA alla formazione del patrimonio genetico dell’embrione (dalla cui integrità dipende l’esito della PMA e la salute dei nati), l’andrologo deve essere in grado di valutare anche le proble- matiche genetiche ed epigenetiche degli spermatozoi, particolarmente importanti per l’utilizzo dei gameti mediante tecniche di fecondazione in-vitro.

 

La diagnostica andrologica deve essere articolata in vari livelli con indagini mirate, prima semplici e di facile esecuzione e solo successivamente più invasive e sofisticate.

I momenti diagnostici possono essere riassunti in 3 livelli progressivi: i) esame seminale con ricerca di anticorpi anti-spermatozoo, spermiocultura anche per ricerca di Mycoplasmi e Chlamydie, dosaggio basale di FSH, LH , testosterone totale, estradiolo e prolattina; ii) ecografia ed eco-color-doppler scrotale e trans-rettale, valutazione endocrina con test dinamici, microscopia spermatica ad alto ingrandimento; iii) agoaspirazione testicolare e/o epididimale, indagini genetiche, studio del DNA e dei cromosomi spermatici e biopsia testi- colare con eventuale crioconservazione. Appare chiaro quindi che la figura dell’andrologo ed in particolare quella dello specialista del centro di PMA debba avere competenze qualificate perché la sua attività ri- chiede un iter diagnostico organico, programmato e spesso con compe- tenze multidisciplinari che spaziano in vari campi della medicina e della biologia come la semiologia, l’endocrinologia, la microbiologia, la bio- logia cellulare, l’infettivologia, la biologia molecolare, l’endocrinologia e la genetica.

 

Altro aspetto da non trascurare nell’iter diagnostico e terapeutico del maschio infertile è rappresentato dal fattore tempo. Infatti, nelle coppie alla ricerca di prole il fattore anagrafico femminile rappresenta un mo- mento determinante per il successo o il fallimento della PMA.

Alla luce di quanto detto, si ritiene ragionevole che il percorso possa prolungarsi fino ad un massimo di sei mesi in caso siano previste terapie mediche e fino ad un massimo di dodici mesi qualora si debba ricorrere a tratta- menti chirurgici quali l’intervento per varicocele o la biopsia testicolare. Nei casi in cui non sia stato possibile migliorare il grado di fertilità del paziente o quando siano falliti i tentativi terapeutici più appropriati, l’andrologo che si trova a indicare una tecnica di PMA dovrebbe tenere in considerazione i criteri di appropriatezza e di gradualità delle meto- diche (iniziando da quelle meno invasive come la IUI per arrivare a quelle più complesse come IVF e ICSI), tenendo sempre in considera- zione il quadro clinico ed il dato anagrafico della partner. Al contrario, quando dopo un accurato iter diagnostico e terapeutico l’alterazione seminologica sia severa (concentrazione inferiore a 1 milione /ml, aci- nesia o severa teratozoospermia) o qualora si disponga di soli spermato- zoi recuperati dai testicoli o dagli epididimi, la ICSI è la tecnica di pri- ma scelta perché la sola in grado di fornire possibilità concrete di suc- cesso.

Infine, il percorso andrologico pre-PMA dovrebbe essere sempre inte- grato nel percorso di coppia. Andrologo e ginecologo dovrebbero sem- pre dialogare ed interagire sin da quando la coppia giunge al centro di PMA e, qualora si ricorra a tecniche assistite, dovrebbero concertare quale sia la tecnologia più adatta per quella coppia. Inoltre, nel momen- to in cui viene scelta la procedura e durante lan procedura stessa, en- trambi gli specialisti dovrebbero dialogare con i biologi e gli embriologi della riproduzione al fine di ottimizzare e personalizzare tutte le proce- dure di trattamento del seme e degli ovociti sulla base delle caratteristi- che della coppia.

In conclusione, anche se oggi i trattamenti di PMA sono entrati nella comune pratica clinica e restano un ausilio importante ed a volte unico per risolvere il problema di molti pazienti infertili, non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di espedienti tecnologici, che spesso non rie- scono a superare i limiti biologici e non sono in grado di risolvere tutte le problematiche dell’infertilità. Infatti, nonostante queste procedure siano praticate da oltre vent’anni, è noto che i tassi di successo non su- perano il 30% dei casi, anche per le tecniche di III livello e nei centri di maggiore eccellenza. Pertanto, nostro dovere è quello di comprendere appieno i fenomeni che sottendono all’infertilità maschile, curando prima il paziente infertile e solo successivamente i suoi gameti. Tale compito nei centri di PMA deve essere svolto da un andrologo partico- larmente qualificato nel settore della riproduzione ed ha come obiettivo quello di migliorare la salute e la fertilità maschile e di coppia sia essa spontanea o medicalmente assistita.

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